«Qual è la prima immagine che le viene in mente se le dico Manlio Sgalambro?»
«Quando morì ho sentito la sua presenza nella mia stanza però lui si credeva ateo e… ho detto a voce alta: ha visto che non si muore?»
Da un’intervista a Franco Battiato
La morte è uno stato di perfezione, il solo alla portata di un mortale.
Emile Cioran
Vivere e cessare di vivere sono soluzioni immaginarie. L’esistenza è altrove.
André Breton
La filosofia, la psicologia, l'esoterismo e l'arte, soprattutto il Surrealismo, hanno fornito un notevole contributo agli sviluppi di nuove riflessioni intorno al più grande di tutti i quesiti, la domanda metafisica per eccellenza. Confrontarsi con tale quesito, non accontentandosi delle semplicistiche risposte della religione, significa anche riacquisire un rapporto più armonioso col nostro mondo interiore, di cui la morte è parte. Significa smettere di vederla quale «spavento supremo» ma accoglierla quale «Alleata», quale momento alchemico della nostra vita.
In copertina:
Gerardo Dottori, Lago umbro.
ESTRATTI
(...) Ebbene, Dostoevskij afferma che quello è un istante per il quale «si possono dare in cambio dieci anni della propria vita e forse la vita intera»[1].
Come è possibile abbandonare ciò che si ha di più prezioso (la vita), in cambio di un solo istante?
In realtà si tratta di un attimo eterno che dilata il tempo all’infinito forando squarci quadrimensianali[2] in quel velo di maya che onnipresente occulta i segreti dello spazio-tempo.
Per dirla con Kundera «ci si può liberare dalla morte ma non dall’immortalità». In Castelli di carte, Jodorowsky riflette sul concetto di Dio e di conseguenza su quello della morte rimembrando altresì la tradizione buddista e il concetto di vacuità:
«Essendo tutto è assurdo cercare di dargli qualcosa. Unica possibilità: riceverlo. […] Se tutto è Dio e Dio non muore, niente muore. Se tutto è Dio e Dio è infinito, niente ha limiti. Se tutto è Dio e Dio è eterno, niente comincia e niente finisce. Se tutto è Dio e Dio è onnipotente, niente è impossibile… […] Sono partecipe della sua eternità e il cambiamento che il mio corpo chiama morte è la porta che devo varcare per tuffarmi in quello che il mio cuore sente come amore totale, e il mio centro sessuale ritiene un infinito orgasmo, e il mio intelletto chiama illuminata vacuità»[3].
(...) Un approccio «frontale» al problema lo trova invece Jung, secondo il quale, la «porta dello spavento supremo», non solo è vicina ma è addirittura interna: lo psichiatra svizzero ha più volte sostenuto che morte e inconscio sono sinonimi e noi varchiamo quella soglia costantemente e quotidianamente:
«Se supponiamo che la vita continui «di là» possiamo pensare solo ad una forma di esistenza psichica, perché solo questa non richiede lo spazio e il tempo. L’esistenza psichica, e soprattutto le immagini interiori con le quali abbiamo a che fare già in questa vita, forniscono il materiale per tutte le speculazioni mitiche circa una vita nell’al di là, e mi rappresento tale vita come un progredire nel mondo delle immagini. Pertanto l’anima potrebbe essere quell’esistenza che si trova nell’ «aldilà» o nella «terra dei morti». Per questo rispetto l’inconscio e la terra dei morti sarebbero sinonimi»[4].
(...) Per «diventare immortali» è necessario considerare la morte come Alleata, guardare ad essa come un necessario passaggio per varchi di più grande conoscenza, che necessariamente dobbiamo attraversare, che vogliamo attraversare. Come giustamente afferma Servadio:
«L’unica assoluta libertà conoscitiva non si può avere pertanto se non nel momento della morte, vero dies natalis dello spirito, nel quale conoscimento è, insieme co-nascimento»[5].
(...) Riguardo all’inesistenza della morte, Fabio Marchesi propone una riflessione che trova un’eco in Bardon, con riferimento però ad un altro grandissimo iniziato, Giordano Bruno:
«Quando per Giordano Bruno arriva il momento decisivo in cui lui può scegliere di salvarsi, abiurando, o di essere bruciato vivo – perché questa è una cosa che tanti non sanno: c’è stata una scelta -; allora quando una persona arriva alla possibilità di scegliere se abiurare e salvarsi ma preferisce affrontare il rogo, ci chiediamo: come può una persona arrivare ad accettare questa cosa? E’ evidente che è arrivato alla piena consapevolezza che la morte non esiste, ovvero che la morte è un aspetto relativo della manifestazione relativa che noi abbiamo come corpo fisico. Ma la cosa straordinaria è che non solo i fotoni hanno un campo onnipresente nello spazio e nel tempo, ma ogni struttura della materia ha un campo onnipresente nello spazio e nel tempo»[6].
(...) Charles Baudelaire nei Diari intimi afferma che «ci sono momenti dell’esistenza in cui il tempo e lo spazio sono più profondi e il sentimento dell’esistenza immensamente aumentato»[7]. La psicologia transpersonale, affermatasi negli Stati Uniti a partire dagli anni Cinquanta, tra i cui massimi rappresentanti figurano Maslow, Graf e lo stesso Assagioli[8], studia, tra l’altro, anche quei momenti cosiddetti «oceanici» che si vivono in condizioni di estrema partecipazione emotiva, attimi in cui la realtà si concentra e si condensa esponenzialmente, come a crescere su se medesima investendo l’individuo e la sua capacità percettiva. La coscienza si dilata e può avvenire una perdita della concezione spazio-temporale in cui la stessa suddivisione ordinaria tra soggetto o oggetto si disgrega rimandando per altro alle implicazioni filosofiche della meccanica quantistica.
(...) Nascita e morte, ossia sesso e morte. Osho ha dedicato all’argomento un breve saggio nel quale sottolinea la profondissima ed occulta affinità tra tali apparenti antipodi che di fatto sono archetipi: «Il sesso è una piccola morte e proprio per questo è in grado di donare gioia. Per un istante ti perdi, e quell’istante è l’orgasmo. In quell’istante sei pura energia, che vibra e pulsa. Senza un centro, senza un ego. Esci da te stesso, diventi vasto, immenso»[8]. Questo orgasmo però, secondo il filosofo indiano ha una valenza religiosa: «Ogni volta che hanno parlato di Dio, dell’esperienza dell’incontro con Dio, hanno sempre usato delle metafore sessuali. L’incontro con Dio dev’essere un orgasmo, l’orgasmo supremo, totale, eterno»[9].
Non sembra di sentire l’eco dei viaggi mistici di Santa Teresa?
«In un’estasi mi apparve un angelo tangibile nella sua costituzione carnale ed era bellissimo; io vedevo nella mano di questo angelo un dardo lungo; esso era d’oro e portava all’estremità una punta di fuoco. L’angelo mi penetrò con il dardo fino alle viscere e quando lo ritirò mi lasciò tutta bruciata d’amore per Dio. […] Nostro Signore, il mio sposo, mi procurava tali eccessi di piacere da impormi di non aggiungere altro oltre che a dire che i miei sensi ne erano rapiti»[10].
NOTE
[1] Cfr. F. DOSTOEVSKIJ, L’Idiota, tr. it. di A. Polledro, Einaudi, Torino 2005.
[2] Nell’ambito della cultura russa, oltre che da Ouspensky, il tema della quadrimensionalità è stato affrontato anche da Pavel Floresnkij. A tale proposito rimando al mio saggio L’istante eterno: tempo, sogno e quadrimensionalità in Pavel Florenskij, in “Per la filosofia”, Anno XXVII N. 79, 2010/2.
[3] A. JODOROWSKY, Castelli di carte, Feltrinelli, Milano 2007, pp. 84,5.
[4] C. G. JUNG, Ricordi, sogni e riflessioni, tr. it. di G. Russo, Bur, Milano 2010, p. 377.
[5] E. SERVADIO, Passi sulla Via Iniziatica, Mediterranee, Roma 1988, p. 148.
[6] F. MARCHESI, Per l’anima la morte è una festa, in F. BATTIATO, Attraversando il bardo. Sguardi sull’aldilà, cit. p. 50.
[7] C. BAUDELAIRE, Diari intimi, tr. it. di L. Zatto, Mondadori, Milano 1999, p. 14
[8] OSHO, L’amore nel Tantra, a cura di Swami Anand Videha, Adelphi, Milano 2004, p. 25. Lo stesso Jodorowsky sembra allinearsi in toto all’approccio tantrico del filosofo indiano: «L’energia dell’universo è un’energia di una gioia incredibile, è l’orgasmo eterno. E’ per questo che a noi esseri umani, è stato fatto il supremo regalo dell’orgasmo, un piacere che ci supera e ci pone in uno stato di illuminazione». A. JODOROWSKY, Io e i Tarocchi, La pratica, il pensiero, la poesia, tr. it. di A. Bertoli, Giunti, Firenze 2007, p. 88.
[9] Ivi, p. 45.
[10] S. TERESA D’AVILA, Il libro della mia vita, a cura di L. Borriello, Paoline, Roma 2006, p. 256.
Anche i sopravvissuti alle esperienze di pre-morte provano piaceri indescrivibili: «Scesi la collina e sperimentai forse la più grande estasi che esseri umani possano mai sperimentare sul piano fisico. Ero in uno stato di amore e ammirazione totale della vita intorno a me. Amavo ogni foglia, ogni nuvola, ogni filo d’erba, ogni creatura vivente. […] Quando raggiunsi la base della collina, mi resi conto che percorrendo quel sentiero non avevo mai toccato terra. Ma non c’erano dubbi sulla autenticità di questa esperienza, era semplicemente un rendersi conto di una coscienza di vita esistente in ogni cosa viva e di un amore che non si può descrivere a parole». E. KÜBLER ROSS, cit. p. 85.
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