L’enigmatica e quanto mai affascinante raccolta di poesie dall’esplicativo e simbolico titolo Alchimia surrealista ci rimanda ad un cammino che dell’iniziatico ha tutto l’afrore e la profonda caratteristica realizzata attraverso linguaggi e percorsi artistici in versi, che sono vera e propria critica d’arte in poesia, quale sublimazione e simbolizzazione, sia sul piano culturale e artistico che su quello antropologico, colta nella dimensione storica, nella trasformazione dei linguaggi artistici di ciascun pittore, nelle categorie concettuali e nel repertorio necessario atto a comprendere qualsiasi discorso intorno agli stessi, legati dal fil rouge del Surrealismo, affermatosi e istituzionalizzatosi, quale movimento artistico, contro la cultura tradizionale per una libera espressione dell’inconscio con André Breton ed il suo Manifeste du Surréalisme a Parigi nel 1924. In esso si condensavano le aspirazioni di un gran numero di giovani artisti che si abbandonavano alle forze libere e tenebrose del proprio io, come la fantasia, la follia, il sogno, nel ricorso al meraviglioso, con palese omaggio a Freud che per primo sistematizzò l’analisi del sogno come mezzo di conoscenza dell’uomo e della sua realtà assoluta, o meglio di una surrealtà che ha volontà di giungere alla totalità dell’essere.
Il Surrealismo si definì non conformista, dirigendo i propri stadi di abbandono fino alla veggenza o meglio ancora fino allo stato medianico dove si manifesta il vero io riabilitando in tal senso la tradizione esoterica basata sull’esercizio del pensiero analogico come la Kabala, la Gnosi, l’Alchimia e proclamando al contempo una chiara e violenta opposizione al pensiero logico, alla morale comune, fino alla presa in considerazione della «creazione automatica» come impegno artistico anche di apertura al circuito della parola poetica.
Così il giovane poeta Lucio Giuliodori, analogicamente mosso proprio dal rapporto psiche-nume lirico, qualifica la propria interpretazione critica che si sviluppa per sogni rigorosamente visionati e compresi ab imis, fin dentro le anime degli artisti presi in esame e da critico si fa poeta, secondo un viaggio che è: «una Via Iniziatica per risalire, per risorgere./Per risvegliarsi alla Magia di un mondo letto tutto al contrario./E per trovare lui, l’artefice onniscente di una nuova realtà: il Maestro» (Water boy), là dove il concetto di Magia è ovviamente inteso nel senso bruniano del termine e, come dice un vecchio assioma iniziatico citato anche nello splendido Chemical Wedding della pittrice Madeline Von Foerster: «Visita interiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem» - il mezzo introspettivo fa sì dunque che il poeta conosca gli artisti visionati e, con loro, se stesso.
Quindi Lucio Giuliodori visita le opere dei vari pittori annotandone in modo parallelo e sostanzialmente analogo, le molteplicità di forme corrispondenti alle varie condizioni esistenziali, pur sempre considerate nel loro divenire e nella totalità cosmica, ne esalta poi la creatività, la soggettività, la sensibilità, ne ricostruisce la natura fantastica, immaginifica ed esoterica con l’amore per il metafisico e il misteriosofico che lo contraddistingue e che diviene al contempo apertura universale. Cito ad esempio dalla bella lirica L’isola dei morti ispirata dal celebre dipinto di Arnold Böcklin, i versi che recitano: «Finalmente si vive in modo verticale/[…] Cornice regale del karma scoperto./[…] E le pietre che esistono/oltre i sogni del tempo/stanno a guardare ogni arrivo/nell’isola in cui/non si parte mai», nella quale è presente, in modo che rivela sincretismo metafisico, tutta l’angoscia del nostro esistere, pur governata dal karma, che è quella legge invisibile e sconosciuta che adatta con sapienza, intelligenza ed equità ogni effetto alla sua causa, risalendo così a colui che la produsse ed anche se Egli è inconoscibile, percepibile certamente è la sua azione.
Ma in tutte le liriche sono presenti concetti che andrebbero citati a proposito, in quanto le universalizzazioni offrono al poeta la possibilità di isolare, separare e poi riunire i vari artisti, configurandoli, mischiandoli, intersecando gli stessi in relazione sinergica tra loro, nella presenza costante di vari simboli e archetipi che sono poi patrimonio dell’umanità, pur nella differenza della Vis propria che contraddistingue ciascuno di loro, che il poeta sa ben cogliere e costruire, secondo un modello astratto e concreto al contempo quale sintesi innovativa di poesia nella quale è presente una creatività sfuggente e misteriosa, che è poi materia dell’essere uomo, pari all’arte figurativa che l’ha ispirata e non poteva essere altrimenti, poiché in essa vi è impresso il segno della partecipazione ed il marchio della passione, in quanto Lucio Giuliodori vive la propria poesia con costante penetrazione fino a farla divenire vita stessa nel senso della sua naturalezza e libertà, pur in un alone di sacralità e mistero.
Ne nasce così una raccolta di raffinata cultura, poiché i pensieri che sbocciano per interassociazioni sono atti a captare e trasmettere, in voli poetici, una presenza alchemica in cui la realtà è fatta sogno, fino alla traslazione sul piano coscienziale, con volontà d’esistere ed, attraverso gli altri, sognare i propri sogni, sulle ali di una Weltanschauung cosmica nell’intento ed estetica nel suo a priori gnoseologico. Dice il poeta infatti nella lirica Hypergenesse de la reapparition: «Verso un mondo migliore./Trasformati dentro/e arriverai al confine/del Surreale», e ancora in Nymphes bathing scrive: «Sono onde che dipingo, pietrificate nel sogno di una magia assordante», magia che può essere colta solo con il terzo occhio, difficile da comunicare, specialmente per coloro che non la sanno intendere, forse fu per questo che arse la fiamma del Campo de’ fiori a Roma nel lontano 1600.
Elaborazione letterario-poetica dunque di un’esperienza che rende il suo autore verbalizzatore dell’universo fino alla radice dell’invisibile, quale immagine dell’anima che attraverso una non comune sensibilità si fa medium di una particolare arte figurativa, rendendola ancora più tattile e visiva, con la parola magico-simbolica, volta alla ricerca del Centro e realizzante uno psicodramma per mezzi espressivi ed analogici.
In tal senso Lucio Giuliodori riesce a sconfiggere l’entropia, interagendo con la propria celestiale alchimia e, spinto da un vento metafisico, approda a una poetica del tutto originale ed inconsueta dove: «E’ l’ora al di là del tempo, del cielo e della scienza./E’ il fiume su cui scorre il significato di ogni Eroe». (The Chemical Wedding), anche se alla fine della raccolta nella lirica Museum of broken dreams, scrive nella chiusa: «Filastrocche ingenue in un mondo di sordi», quasi a manifestare, attraverso l’arte visionata, anche un proprio profondo senso di sfiducia nell’alterità.
La raccolta è stata ottimamente tradotta in lingua inglese da Ann McGarrell, la quale propone un lavoro estremamente minuzioso e fedele, che possiede il pregio della correttezza per interazione sinonimica realizzata per varianti altamente significative e mai contaminatorie.
Vera gemma quindi di conoscenza e perizia dell’elaborazione del linguaggio, nel rispetto del ritmo espressivo e della struttura melodica della lingua inglese e italiana al contempo.
Le riproduzioni dei quadri inoltre, che poi sono quelle che hanno ispirato la poesia di Lucio Giuliodori, vanno a creare un unicum prezioso atto a procurare una gioia estetica per armonia del colore, ed elementi cosmici ed umani che segnano un limite a cui si deve ritornare. Ne consegue un testo capace di trovare la formula ed il principio individuante la simbolizzazione degli archetipi di fondo, caratteristica della ottima poesia.
Lia Bronzi, Prefazione a Alchimia Surrealista
Alchimia Surrealista